Mia madre, la “paletta” e il gelato: sull’importanza di definire con precisione il comportamento da
Mia madre, che si chiama Marianna, è una donna straordinaria e, tra le altre cose, è stata un’ottima educatrice. Certo, non sapeva nulla di: ABA, antecedenti, conseguenze, rinforzi e tutto il resto, ma ha saputo crescere in modo sano 4 figli. A questo punto alcuni miei conoscenti maliziosi potrebbero obiettare circa il mio essere cresciuto sano, ma li prego di fingere che io lo sia realmente per dare coerenza e serietà a ciò che sto scrivendo, e per permettermi di procedere. Qualcun altro potrebbe invece concludere che l’ ABA non serve a nulla. Questo qualcuno allora mi costringe a rilevare delle criticità relative allo stile educativo di mia madre, ciò al fine di mettere in risalto l’utilità dell’Analisi Comportamentale Applicata. Tutto ciò mi ricorda quel detto: “quello si venderebbe la madre”, ma andiamo avanti. Capitava, non di rado, che mia madre utilizzasse espressioni del tipo: “fai il bravo e ti compro il gelato”, oppure “o la finisci di fari (fare) u tintu (monello) o prendo la paletta (grosso cucchiaio di legno utilizzato sia in cucina, sia come strumento punitivo)”. Il piccolo me, allora, aveva ben chiare le conseguenze del comportamento, ricompense o punizioni, ciò che rimaneva oscuro era cosa intendesse mia madre per “fare il bravo” o per “non fare il monello”, rientravano infatti in queste affermazioni una molteplicità di comportamenti: stare seduto, non dire parolacce a mio fratello, fare i compiti, non lanciare oggetti e potrei continuare all’infinito. Mia madre quindi sbagliava a non definire bene quale era il comportamento per cui prometteva ricompense o punizioni. Mancava ciò che, in linguaggio ABA, viene definito come “operazionalizzazione” del comportamento. La prima regola per modificare un comportamento, potenziandolo o diminuendolo, è quella di definire il comportamento in termini osservabili e misurabili. Fare il bravo non è osservabile e soprattutto non è misurabile, stare seduto o alzare la mano prima di intervenire, invece, sono esempi di comportamenti direttamente osservabili e che possono essere misurati, in relazione a diversi parametri: durata, frequenza, intensità, latenza, ecc. La definizione precisa e chiara del comportamento da modificare è fondamentale per:
Non creare nel bambino confusione, ambiguità e conseguente frustrazione. Se il bambino ha ben chiari quali sono i comportamenti da attuare, sia per accedere a delle conseguenze piacevoli, sia per evitare conseguenze spiacevoli, tutto sarà più semplice per tutti. Consideriamo che è sempre meglio lavorare per raggiungere conseguenze piacevoli, piuttosto che per evitare quelle spiacevoli, ma magari su questo ci soffermeremo un’altra volta.
Potere effettivamente misurare la differenza tra prima e dopo, per valutare se il comportamento è cambiato in risposta al nostro intervento educativo. Se, ad esempio, un bambino inizialmente non chiede mai “per favore” e in seguito, dopo il nostro preziosissimo intervento, la frequenza delle richieste “per favore” è di 50 in 2 ore, possiamo asserire che il comportamento verbale in questione è aumentato e che l’intervento è risultato efficace.
Grazie a Dio, anche nel corso della carriera scolastica ho incontrato bravissimi insegnanti, ma anche in quel contesto non è mancata la cattiva definizione del comportamento. Una delle frasi che la suddetta madre si è sentita ripetere più volte è la seguente: “Signora, suo figlio è intelligente, ma non si applica”, di nuovo i miei conoscenti maliziosi mi usino la cortesia di credere veramente che io sia intelligente. Anche questa affermazione dei docenti era ambigua, per “applicarsi” si poteva intendere una svariata gamma di comportamenti: alzare con più frequenza la mano per intervenire, fare più esercizi di italiano, ecc. Anche nel contesto scolastico è importante definire e comunicare con chiarezza e misurabilità quali comportamenti si vogliono cambiare, per evitare frustrazioni da parte di insegnanti e allievi.
Non mi resta che chiamare mia madre e dirle chiaramente che poteva “operazionalizzare”. A dire il vero mi aspetto da lei la seguente risposta: “talè finiscila” che, tradotto per chi non ha dimestichezza con il dialetto siculo, si può tradurre come: “vedi di smetterla”, e forse sarebbe meglio perché ho il sospetto che la “paletta” la nasconda ancora da qualche parte.
Matteo Corbo